Broncoscopia e rischio di sanguinamento

Per esaminare le vie aeree in modo minimamente invasivo, la broncoscopia è la tecnica più utilizzata in tutto il mondo. Anche se la prima broncoscopia era terapeutica per la rimozione di un corpo estraneo, fino agli anni ’70 la tecnica era più o meno per indicazioni diagnostiche. Tuttavia, negli ultimi anni, la broncoscopia ha conosciuto un rapido sviluppo. Sempre più tecniche interventistiche sono state introdotte, offrendo nuove opzioni per i pazienti. All’inizio degli anni 2000, l’ago aspirato transbronchiale guidato dall’ecografia endobronchiale è stato stabilito, e le criosonde sono oggi l’opzione preferita per stabilire la diagnosi delle malattie polmonari interstiziali. Inoltre, varie tecniche terapeutiche per i pazienti con enfisema, come valvole, bobine, vapore o schiuma, così come le opzioni di ablazione per i pazienti con asma (termoplastica), hanno dimostrato la loro efficacia in studi randomizzati. Inoltre, le potenziali prossime opzioni per i pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva in fase iniziale (denervazione polmonare mirata) e bronchite cronica (crioterapia spray) sono attualmente in fase di sperimentazione. Anche il concetto di ri-biopsie nei pazienti con cancro al polmone in stadio avanzato in caso di progressione del tumore è più frequente. Quindi, il numero di procedure di broncoscopia sta aumentando in tutto il mondo.

La broncoscopia, sia flessibile che con intento interventistico, è di solito una procedura sicura, con complicazioni come sanguinamento, depressione respiratoria e pneumotorace che si verificano nel <1% dei casi. La mortalità è rara, con un tasso di mortalità riportato di 0-0,04% in un gran numero di procedure. Purtroppo, nel caso di un’emottisi iatrogena massiva acuta dopo una biopsia o un intervento, si può sviluppare una situazione di pericolo di vita associata a un alto tasso di mortalità. La principale minaccia nella fase acuta è l’asfissia, derivante dall’inondazione di sangue nelle vie aeree e negli alveoli. Il mantenimento della pervietà delle vie aeree e il controllo dell’emorragia sono quindi gli obiettivi primari, seguiti dall’identificazione del sito e della causa di fondo dell’emorragia.

In aggiunta a questo tipo di casi, la popolazione sta diventando sempre più anziana. Questo è accompagnato da un aumento delle comorbidità; nel caso dei pazienti affetti da malattie polmonari, si tratta soprattutto di un aumento delle comorbidità cardiovascolari. Molte di queste portano alla necessità di agenti antitrombotici, sia anticoagulanti che terapie antipiastriniche. In questo settore, le opzioni stanno crescendo rapidamente, con sempre più farmaci disponibili sul mercato. Le combinazioni di vari farmaci farmacologici, soprattutto dopo procedure interventistiche cardiologiche, sono più comuni.

Ma come dobbiamo gestire queste terapie prima di una broncoscopia? In articoli pubblicati nell’attuale numero della European Respiratory Review, Abuqayyas et al. e Pathak et al. si sono concentrati su questo problema. Ogni team si è concentrato su un diverso tipo di endoscopia (diagnostica flessibile rispetto a quella terapeutica) e ha riassunto la letteratura disponibile sulla sicurezza dell’uso di terapie antiaggreganti e anticoagulanti. Utilizzando strategie di ricerca classiche, hanno analizzato le prove e hanno fatto raccomandazioni basate sulle prove disponibili.

Entrambi gli articoli sono molto utili per la nostra pratica quotidiana. Vengono fatte delle raccomandazioni, quando la letteratura è disponibile, e gli articoli di facile lettura forniscono una guida per il nostro comportamento pre-procedurale. Tuttavia, gli autori indicano anche chiaramente dove mancano le prove per molti nuovi farmaci e combinazioni di farmaci. Spetta alla comunità endoscopica riportare le proprie esperienze e aumentare la nostra conoscenza dei nuovi farmaci antipiastrinici e anticoagulanti in rapida evoluzione.

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