I voti solenni erano originariamente considerati indissolubili. Come notato in seguito, le dispense cominciarono ad essere concesse in tempi successivi, ma in origine nemmeno il Papa poteva dispensare da esse. Se per una giusta causa un membro di un ordine religioso veniva espulso, il voto di castità rimaneva invariato e quindi rendeva invalido qualsiasi tentativo di matrimonio, il voto di obbedienza obbligava in relazione, generalmente, al vescovo piuttosto che al superiore religioso, e il voto di povertà veniva modificato per soddisfare la nuova situazione ma il religioso espulso “non poteva, per esempio, fare testamento di alcun bene ad un altro; e i beni che gli venivano restituiti alla sua morte tornavano al suo istituto o alla Santa Sede”.
Indebolimento nel 1917Modifica
Il precedente Codice di diritto canonico del 1917 riservava il nome “ordine religioso” agli istituti in cui i voti erano solenni, e usava il termine “congregazione religiosa” o semplicemente “congregazione” per gli istituti con voti semplici. I membri di un ordine religioso per gli uomini erano chiamati “regolari”, quelli appartenenti a una congregazione religiosa erano semplicemente “religiosi”, termine che si applicava anche ai regolari. Per le donne, quelle di voti semplici erano chiamate “suore”, mentre il termine “suora” era riservato nel diritto canonico a quelle che appartenevano a un istituto di voti solenni, anche se in alcune località era permesso loro di prendere invece i voti semplici.
Tuttavia, ha abolito la distinzione secondo cui i voti solenni, a differenza dei voti semplici, erano indissolubili. Non riconosceva voti religiosi totalmente indispensabili e abrogava così per la Chiesa latina la consacrazione speciale che distingueva gli “ordini” dalle “congregazioni”, pur mantenendo alcune distinzioni giuridiche.
In pratica, anche prima del 1917 si ottenevano dispense dai voti religiosi solenni per concessione del Papa stesso, mentre i dicasteri della Santa Sede e i superiori appositamente delegati da essa potevano dispensare dai voti religiosi semplici.
Il Codice del 1917 manteneva una distinzione giuridica dichiarando invalido qualsiasi matrimonio tentato da religiosi professi solenni o da quelli con voti semplici ai quali la Santa Sede aveva allegato l’effetto di invalidare il matrimonio, mentre affermava che nessun voto semplice rendeva invalido un matrimonio, tranne nei casi in cui la Santa Sede aveva stabilito diversamente. Così i membri degli “ordini” erano esclusi in modo assoluto dal matrimonio, e ogni matrimonio che tentavano era invalido. Quelli che facevano voti semplici erano obbligati a non sposarsi, ma se rompevano il loro voto, il matrimonio era considerato valido.
Un’altra differenza era che un religioso professo di voti solenni perdeva il diritto di possedere proprietà e la capacità di acquisire beni temporali per se stesso, ma un religioso professo di voti semplici, pur essendo proibito dal voto di povertà di usare e amministrare proprietà, manteneva la proprietà e il diritto di acquisirne altre, a meno che le costituzioni dell’istituto religioso non dichiarassero esplicitamente il contrario.
Dopo la pubblicazione del Codice del 1917, molti istituti di voti semplici si appellarono alla Santa Sede per ottenere il permesso di emettere voti solenni. La Costituzione Apostolica Sponsa Christi del 21 novembre 1950 facilitò l’accesso a tale permesso per le monache (in senso stretto), ma non per gli istituti religiosi dediti all’attività apostolica. Molti di questi ultimi istituti femminili fecero poi una petizione per il solo voto solenne di povertà. Verso la fine del Concilio Vaticano II, i superiori generali degli istituti clericali e gli abati presidenti delle congregazioni monastiche furono autorizzati a permettere, per una giusta causa, ai loro sudditi di voti semplici che ne facessero ragionevole richiesta, di rinunciare ai loro beni tranne a quanto sarebbe stato necessario per il loro sostentamento se fossero partiti. Questi cambiamenti portarono ad un ulteriore offuscamento della precedente chiara distinzione tra “ordini” e “congregazioni”, poiché gli istituti che furono fondati come “congregazioni” cominciarono ad avere alcuni membri che avevano tutti e tre i voti solenni o avevano membri che prendevano un voto solenne di povertà e voti semplici di castità e obbedienza.
Ulteriori cambiamenti nel 1983Modifica
L’attuale Codice di Diritto Canonico del 1983 mantiene la distinzione tra voti solenni e semplici, ma non fa più alcuna distinzione tra i loro effetti giuridici, compresa la distinzione tra “ordini” e “congregazioni”. Invece, usa il termine unico “istituto religioso” per designare tutti questi istituti.
Mentre una volta i voti solenni significavano quelli presi in quello che era chiamato un ordine religioso, “oggi, per sapere quando un voto è solenne sarà necessario riferirsi al diritto proprio degli istituti di vita consacrata.”