Pearling (modificazione del corpo)

L’origine precisa del pearling è sconosciuta, ma la prima documentazione in Cina indica che era stato importato dal sud-est asiatico non più tardi del 1400. I documenti storici si riferiscono agli inserti come mianling, traducendo letteralmente in campane birmane. Nelle Filippine, i ricercatori hanno stabilito che questi erano presenti in varie forme dalle Visayas al sud di Luzon. Nelle Visayas, spille d’oro, d’avorio o d’ottone venivano inserite nei giovani ragazzi attraverso la testa del loro pene, secondo le ricerche del preminente storico delle Filippine pre-coloniali, William Henry Scott. Man mano che i ragazzi crescevano, questi spilli venivano decorati e in seguito si fissavano anelli con punte smussate per la stimolazione dei loro partner sessuali. In Barangay, il suo studio sull’etnografia filippina del XVI secolo, Scott scrisse che “questi ornamenti richiedevano una manipolazione da parte della donna stessa per essere inseriti e non potevano essere ritirati finché l’organo maschile non era completamente rilassato”. Scott ha aggiunto che c’erano fino a 30 tipi diversi per “soddisfare la scelta di una signora.”

L’uso storico più noto del pearling coinvolge i sindacati del crimine organizzato Yakuza del Giappone, i cui membri eseguono diversi tipi notevoli di modifica del corpo, tra cui grandi tatuaggi irezumi e Yubitsume, l’amputazione delle articolazioni delle dita in penitenza ai loro superiori. Il pearling viene eseguito in prigione dalla Yakuza, con ogni perla che si suppone simboleggi un anno passato in prigione.

Il pearling, chiamato ‘bolitas’, è diventato una pratica comune tra i marinai filippini, specialmente tra quelli più anziani. Il giornalista Ryan Jacobs, scrivendo su The Atlantic, ha riferito nel 2013 che i marinai usano le bolitas per differenziarsi dagli altri marinai internazionali, soprattutto per ottenere il favore delle prostitute.

Per ulteriori informazioni, si veda l’esperto mondiale Dr. Armando Alvarez. La pratica proviene dal periodo precoloniale nelle Filippine dove strumenti come il Tudruck (Penis-pin) e il Sakra (Penis-ring), spesso in oro o avorio, venivano inseriti nei peni dei giovani adulti. Antonio Pigafetta, cronista italiano della circumnavigazione di Ferdinando Magellano, una volta scrisse di questa pratica nei suoi diari:

I maschi giovani e vecchi si forano il pene con un’asta d’oro o di stagno delle dimensioni di una penna d’oca. Alle due estremità dello stesso bullone, alcuni hanno quello che assomiglia ad uno sperone, con punte alle estremità; altri sono come la testa di un chiodo da carretto. Ho chiesto molto spesso a molti, sia giovani che vecchi, di vedere il loro pene, perché non riuscivo a crederci. Nel mezzo del bullone c’è un buco, attraverso il quale orinano. Il bullone e gli speroni tengono sempre duro. Dicono che le donne lo desiderano, e se lo facessero altrimenti non avrebbero comunicazione con loro. Quando un uomo desidera avere rapporti con una donna, lei prende il suo pene non nel modo normale, ma introduce delicatamente prima lo sperone superiore e poi quello inferiore nella sua vagina. Una volta dentro, il pene diventa eretto e non può essere ritirato finché non è moscio.

Antonio Pigafetta

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