Rose Elizabeth Cleveland è nata a Fayetteville, New York, il 14 giugno 1846. Conosciuta dalla sua famiglia come “Libby”, Rose era la più giovane dei nove figli nati da Richard Falley Cleveland e Ann Neal Cleveland. Nel settembre 1853, la famiglia si trasferì a Holland Patent, New York, dove suo padre era appena stato nominato pastore della chiesa presbiteriana. Morì il mese successivo, e Rose aveva sette anni al momento della morte del padre.
Rose rimase a Holland Patent per prendersi cura della madre vedova. Grover Cleveland, il fratello maggiore di Rose, aveva 16 anni all’epoca ed era determinato ad aiutare a mantenere la sua famiglia. Lasciò la scuola e andò a New York City per lavorare come insegnante alla State School for the Blind. Rose fu educata all’Houghton Seminary di Clinton, New York, dove in seguito divenne insegnante per mantenere se stessa e anche per aiutare a mantenere la madre vedova.
Rose insegnò anche al Collegiate Institute di Lafayette, Indiana, e in una scuola femminile a Muncy, Pennsylvania, dove insegnò alla fine degli anni 1860. Al Muncy Seminary Rose era nota per la sua forte personalità e indipendenza.
Rose si guadagnò un soprannome nella sua cerchia di amici a Muncy; la chiamavano “Johnny Cleveland” perché di solito la trovavano a leggere un libro sotto un vecchio albero in una fattoria vicina. Rose preparò poi un corso di conferenze storiche; una conferenza, in particolare, era incentrata sulla fede altruistica, che tenne davanti agli studenti dell’Houghton Seminary e in altre scuole.
Negli anni 1880 Rose tornò a Holland Patent per curare la madre malata. Durante questo periodo insegnò alla scuola domenicale e fece qualche lavoro di letteratura. Quando non lavorava in questo modo, si dedicava alla madre anziana nella casa di Holland Patent fino alla morte della madre nel 1882. Dopo la morte di Ann Neal Cleveland, Rose rimase sola nella fattoria conosciuta come “The Weeds.”
Rose continuò a insegnare alla Scuola Domenicale e a tenere conferenze. In una conferenza sulla fede altruista, dichiarò: “Non possiamo toccare l’umanità in generale, se non come tocchiamo l’umanità nell’individuo. Noi rendiamo il mondo un posto migliore attraverso le nostre relazioni concrete, non attraverso la nostra vaga, generale buona volontà. Ognuno di noi deve trovare un vero partner, qualcuno che ci capisca e ci apprezzi, qualcuno la cui fiducia in noi faccia emergere i nostri migliori sforzi. Il nostro desiderio più profondo è il riconoscimento – essere conosciuti da un altro essere umano per quello che siamo veramente.”