Trattamento della cardite reumatica

La febbre reumatica e la cardiopatia reumatica continuano senza sosta nella maggior parte delle nazioni in via di sviluppo, colpendo individui giovani. Focolai focali di minore entità sono stati riportati anche dalla metà degli anni ’80 dalle nazioni occidentali industrializzate, dove questa malattia era quasi scomparsa. L’introduzione della penicillina a metà degli anni ’40 ha cambiato notevolmente la storia naturale della febbre reumatica, anche se l’incidenza della febbre reumatica è diminuita nelle nazioni sviluppate prima, a causa delle migliori condizioni di vita. Il trattamento della febbre reumatica comporta principalmente l’uso di antibiotici (penicillina) per sradicare gli streptococchi, e farmaci anti-infiammatori come salicilati o corticosteroidi. I pazienti con cardite grave, insufficienza cardiaca congestizia e/o pericardite sono meglio trattati con corticosteroidi, poiché questi sono agenti antinfiammatori più potenti dei salicilati. I salicilati possono essere sufficienti per i casi di cardite lieve o assente. Il trattamento deve essere continuato per 12 settimane. Diversi studi hanno dimostrato che il rigurgito valvolare, e non la miocardite, è la causa dell’insufficienza cardiaca congestizia nella cardite reumatica attiva. Pertanto l’intervento chirurgico con sostituzione o riparazione della valvola mitrale è indicato nei casi con emodinamica intrattabile dovuta al rigurgito mitrale. Lo sviluppo di una lesione valvolare cronica dopo un episodio di febbre reumatica dipende dalla presenza o assenza di cardite nell’attacco precedente e dal rispetto della profilassi secondaria. Le recidive dovute a una profilassi penicillinica inadeguata sono responsabili di lesioni valvolari croniche emodinamicamente significative che richiedono un intervento chirurgico.

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